Recensione del libro di Nicola Cioffi NIHIL NOVI SUB SOLE
Rispetto ai 3 libri precedenti che sono una raccolta ed un commento sulle leggi che regolano l’ordinamento giudiziario e le carriere dei Magistrati, più una raccolta di documenti e una rassegna stampa di tutto quanto pubblicato negli ultimi 25 anni sulla questione giustizia in Italia, il libro ultimo dell’avv. Cioffi è una intricata vicenda giudiziaria narrata dall’autore (vi narrerò di un torbido caso …Il fallimento della Società Ingenua) sotto forma di romanzo, ambientato nell’antica Roma.
Senza entrare nei particolari della storia mi piace notare come questa vicenda abbia il pregio di far riflettere, dare impulso allo spirito critico che è in ciascuno di noi, distogliendoci dall’abitudine e dalla passiva accettazione.
Il libro ha di certo sul lettore un effetto “evocativo”: il perverso meccanismo, nel quale vengono a trovarsi i protagonisti, richiama l’immagine di una Dike, dea della giustizia, seduta affranta, sulle scale del palazzo, sede della Cassazione, con la testa fra le mani con la gente che le passa accanto indifferente.
L’amarezza per questa visione induce a considerare come spesso la realtà, perché di cosa realmente accaduta narra il nostro autore, superi la fantasia, ritroviamo nel fatto narrato la macchinazione presentata da Franz Kafka nel suo romanzo “Il Processo”: in questo romanzo si narra l’avventura paradossale, di un oscuro impiegato, tale Joseph K., al quale viene recapitato un ordine di comparizione per un delitto non precisato, per il quale viene trascinato in tribunale.
Gli riuscirà difficile persino farsi difendere da un avvocato, perché gli viene spiegato che questi processi vengono risolti con sistemi extra giudiziari….
Il protagonista, come anche il personaggio della storia raccontata dall’avv. Cioffi, non si da per vinto e non cessa di contrastare la gigantesca macchina giudiziaria. Alla fine egli si rende conto che al processo non si sfugge e che un potere sinistro ed inconoscibile ha già deciso.
Il finale è in questo caso tragico, perché lo sfortunato signor K. viene ucciso da due sicari.
Nel racconto dell’avv. Cioffi, per fortuna, alla fine, la giustizia segna un punto a suo favore (volutamente non dico trionfa visto il tempo trascorso dal momento in cui il procedimento prende il via, fino al suo epilogo!), con l’intervento della guardia di finanza che incaricata dal P.M, compie accertamenti che smascherano il disegno criminoso messo in atto verso la protagonista.
Tutti i fatti narrati fanno riflettere sull’atteggiamento che spesso è di indifferenza verso la giustizia violata, un problema che i cittadini spesso sentono, solo, allorchè diventano vittime della malagiustizia. È come se talvolta le coscienze fossero addormentate, c’è una sorta di assuefazione alla cattiva amministrazione della giustizia, come se ci si dimenticasse che il diritto alla difesa è costituzionalmente garantito all’art.24
E quando, costretti, cerchiamo di entrare nel meccanismo del Castello, tanto per usare un’altra efficace immagine di kafkiana memoria, e spezzare il mistero del coinvolgimento, in questa o quella vicenda giudiziaria, ci ritroviamo tra ostilità e diffidenza da parte degli abitanti il castello/tribunale.
Dalla lettura si evince anche che spesso manca la sinergia tra i diversi operatori del diritto: L’avvocato che agisce con zelo e diligenza ha spesso difficoltà a far valere i diritti dei suoi assistiti, se intralciato, dal talvolta doloso comportamento degli operatori degli uffici giudiziari, o peggio di altri avvocati che sono artefici di comportamenti scorretti privi di etica. È perciò necessario agire, in questo senso, sulla formazione degli avvocati, dei magistrati e di tutti quanti concorrono all’amministrazione della Giustizia.
Questo credo possa essere il senso del lungo racconto dell’avvocato Cioffi.